Factorial: quando l’AI diventa un collega.Il nuovo volto del lavoro con Factorial One
INTERVISTA A Ilya Zayats, CTO di Factorial
Dall’automazione alla collaborazione: come l’intelligenza artificiale di Factorial sta ridisegnando il futuro del lavoro
Nel panorama Europe della trasformazione digitale, l’intelligenza artificiale sta passando dall’essere uno strumento di supporto a un vero partner operativo. Factorial, scale-up internazionale specializzata nella digitalizzazione dei processi HR, finanziari e organizzativi, compie un passo decisivo con Factorial One, il nuovo agente AI che promette di cambiare radicalmente la gestione aziendale.
Presentato durante l’evento Factorial Next: AI Edition 2025, One si distingue perché non è un semplice assistente virtuale, ma un vero collega digitale: un agente intelligente in grado di comprendere i dati aziendali, anticipare le esigenze dei manager e agire direttamente nei flussi di lavoro.
Il lancio di One segna una nuova fase di crescita per Factorial, che oggi supera i 100 milioni di dollari di ricavi ricorrenti annuali (ARR), conta oltre 14mila clienti in più di dieci Paesi e impiega 1.400 persone nel mondo, di cui 200 in Italia. Un traguardo che consolida la posizione dell’azienda tra le piattaforme HR più avanzate d’Europa e ne definisce l’obiettivo: evolvere da software gestionale all-in-one a un vero e proprio “livello di intelligenza aziendale”, dove l’AI diventa il motore decisionale e strategico per imprese di ogni dimensione. Ne parliamo con Ilya Zayats, CTO di Factorial, che racconta come l’intelligenza artificiale possa ridefinire il modo di lavorare, restituendo tempo e valore alle persone.
Factorial One rappresenta una grande evoluzione nella gestione delle risorse umane. In che modo l’integrazione profonda con i dati HR e finanziari consente all’agente AI di superare i limiti dei tradizionali chatbot e offrire un valore reale ai manager?

«L’intelligenza artificiale dietro Factorial One non si limita a rispondere alle domande: comprende il contesto operativo e strategico dell’azienda.
Grazie all’integrazione nativa dei dati HR, finanziari e organizzativi, il nostro agente AI è in grado di fornire analisi e azioni realmente utili.
Questo significa che un manager può chiedere, ad esempio: “Quanto costerebbe aumentare del 5% gli stipendi del team commerciale?” e ottenere una risposta precisa e basata sui dati.
Questo passaggio – dall’AI conversazionale all’AI decisionale e predittiva – è ciò che ci permette di superare i limiti dei chatbot tradizionali e offrire un valore concreto ai leader aziendali».
Molti dirigenti oggi chiedono strumenti “sicuri e contestualizzati”. Quali sono state le principali sfide tecnologiche per garantire affidabilità, privacy e fiducia nell’uso dell’AI nei processi HR?
«Sicurezza e fiducia sono le fondamenta su cui abbiamo costruito Factorial One.
I dati HR sono estremamente sensibili, perciò abbiamo adottato un approccio privacy-by-design e un sistema di governance multilivello dei dati.
Questo significa che One risponde solo con le informazioni a cui l’utente ha diritto di accesso – né di più, né di meno. Vogliamo inoltre assicurarci che gli utenti si fidino delle risposte di One: quando l’agente non è completamente sicuro, deve dire “Non lo so, chiedi al tuo HR”, invece di inventare una risposta. Può sembrare controintuitivo, ma dedichiamo molto tempo a garantire che One si comporti sempre così. Tutti i dati vengono gestiti in piena conformità con il GDPR, e ogni interazione con l’agente AI avviene in un ambiente totalmente sicuro».
Secondo il vostro report “Vita da Manager”, oltre il 40% del tempo dei manager è speso in attività manuali e ripetitive. Quale sarà, secondo te, il punto di svolta che permetterà all’AI di liberare davvero questo tempo e dare ai leader la possibilità di concentrarsi di nuovo sulle persone?
«Il punto di svolta arriverà quando l’AI diventerà parte attiva del flusso di lavoro, non solo uno strumento esterno di supporto.
Con Factorial One, l’agente AI non si limita ad analizzare i dati: può eseguire azioni reali, come generare report, creare job description o suggerire piani di formazione e sviluppo. Quando l’intelligenza artificiale riuscirà a eliminare il “rumore operativo” e a restituire tempo di qualità ai manager – tempo per pensare, ascoltare e guidare – allora avremo raggiunto il vero obiettivo dell’automazione intelligente».
Factorial è cresciuta rapidamente, superando i 100 milioni di ARR e ampliandosi in tutta Europa. Come riuscite a mantenere coerenza tecnologica e culturale per una piattaforma AI in un contesto così globale e in continua evoluzione?
«La chiave è una visione tecnologica unificata e una cultura fortemente condivisa.
Dal punto di vista tecnico, investiamo molto nella scalabilità dell’architettura e in standard comuni che ci permettono di evolverci rapidamente senza frammentazione.
Sul piano umano, promuoviamo una cultura ingegneristica basata sulla collaborazione e sull’impatto concreto. Incoraggiamo i nostri sviluppatori a parlare direttamente con i clienti, per capire davvero quale problema stanno risolvendo e perché.
Solo così si può creare un prodotto che sia veramente utile per l’utente finale, evitando di costruire qualcosa che funziona perfettamente sulla carta ma fallisce nella realtà».
Guardando al futuro dell’AI nel mondo HR, pensi che l’obiettivo sarà rendere i manager “più efficienti” o “meno soli”? E come può l’AI contribuire a creare un nuovo equilibrio tra produttività, empatia e benessere nelle organizzazioni?
«Credo che il futuro dell’AI non riguardi solo l’efficienza, ma il potenziamento della connessione umana attraverso la tecnologia.
L’intelligenza artificiale deve liberare le persone dalle attività ripetitive, così che possano concentrarsi su ciò che conta davvero: le relazioni, la crescita e la cultura aziendale. In questo senso, l’AI può diventare un alleato silenzioso ma potente, offrendo ai manager strumenti migliori per comprendere e supportare i propri team.
Non si tratta di sostituire l’empatia, ma di creare le condizioni perché possa prosperare».




