PizzAut: il capitale umano fa la differenza

PizzAut, start up sociale, promuove l’inclusione di persone autistiche con ristoranti e food truck, puntando alla creazione di 500 posti di lavoro entro il 2034. Ne abbiamo parlato con il suo fondatore Nico Acampora

PizzAut è una start up innovativa sociale, fondata sul diritto all’inclusione delle persone autistiche. Nata dall’ambizione e dalla tenacia di un padre che sognava per il figlio autistico un futuro anche a “sua misura”, è oggi un modello d’impresa che coniuga business e impatto sociale. Conosciuta e apprezzata in tutta Europa, ha portato il suo fondatore persino nella sede centrale dell’Onu, a New York.

Attualmente conta due ristoranti gestiti da persone autistiche e due truck food sempre pronti a muoversi agilmente sul territorio italiano, in occasione di eventi aziendali e nazionali, oltre a un AutAcademy. Per il futuro punta alla ristorazione mobile con la messa in strada di oltre 100 truck food, entro il 2034, e la creazione di più di 500 nuovi posti di lavoro per persone neurodivergenti.

PizzAut è oggi un esempio tangibile di come l’inclusione e un’adeguata valorizzazione del capitale umano, qualunque sia la sua “composizione”, possano essere motore di innovazione e crescita economica. Un case study che Lombardia Economy ha approfondito con il fondatore, Nico Acampora

Tre anni fa abbiamo parlato di PizzAut come emblema di una nuova economia inclusiva. Ora è tempo di bilanci: quanto è cresciuta PizzAut da allora? Quanti lavoratori Aut – come tu stesso li definisci – impiega?

«Parto dicendo che PizzAut è passata da un ristorante, quello di Cassina de Pecchi, in provincia di Milano, che conta circa 220 posti, a due, con l’apertura di quello di Monza, che dispone di 320 posti a sedere. Entrambi vanno molto bene: a pranzo è possibile presentarsi senza prenotazione, mentre per la sera è praticamente sempre impossibile. Attualmente

sono impiegati 41 ragazzi autistici nei vari ruoli di cameriere, pizzaiolo e barman. La grande maggioranza è assunta a tempo pieno con contratto a tempo indeterminato. Alcuni stanno svolgendo un tirocinio lavorativo, altri ancora sono invece da noi in distacco. Significa che sono stati assunti da altre aziende, come ad esempio Autogrill, e subito affidati a noi, per fare due anni di formazione. A seguire saranno integrati nella rete aziendale.

Si tratta di una formula molto interessante, perché consente al candidato di ricevere una formazione ad hoc, che spesso le imprese non sono in grado di offrire. In questo modo il lavoratore cresce e si forma in un ambiente tutelante e attento all’autismo. Questo accordo consente alle società coinvolte non solo di sostenere PizzAut e le persone autistiche, ma anche di adempiere all’obbligo assunzionale con il vantaggio di ritrovarsi nel team una persona formata e completamente operativa.

È un progetto straordinario che indirettamente svolge anche un importante lavoro di sensibilizzazione verso le aziende in generale: mostra con i fatti che le persone autistiche, con le dovute attenzioni e la corretta formazione, possono lavorare molto bene».

Oltre ad Autogrill, puoi farci qualche altro esempio di realtà, imprese, organizzazioni che vi supportano o collaborano con voi?

«Tra le altre, posso citare Danone, che ha assunto un ragazzo autistico, attualmente in periodo di formazione presso di noi, e che già il prossimo anno approderà in azienda. C’è anche Quantum Retail, ma sono davvero tante le realtà che ci supportano. Tornando ad Autogrill, sta portando avanti anche una campagna promozionale con un panino dedicato a PizzAut: il panino GourmAut viene venduto all’interno della catena e per ogni pezzo acquistato, un euro viene versato a PizzAut per il progetto di acquisto di un nuovo Pizza Autobus».

PizzAut, oltre a essere una start up innovativa sociale è anche una realtà di formazione: da voi l’onboarding dei nuovi dipendenti è da manuale, un modello di riferimento per molte imprese. A tal proposito, ricordo che già due anni fa mi parlavi del progetto della AutAcademy. A che punto siamo?

«Esatto. Tutti i ragazzi che vengono impiegati in PizzAut, prima di diventare operativi, svolgono un percorso formativo, realizzato in collaborazione con la fondazione Mazzini, che gestisce l’istituto alberghiero di Cinisello Balsamo. A seguire, fanno un tirocinio lavorativo, regolarmente retribuito, presso uno dei nostri ristoranti. Sinora, tutti i tirocini avviati sono stati trasformati in contratti di lavoro.

Si tratta di un percorso essenziale, perché consente di conoscere al meglio ogni singolo ragazzo, scoprire le sue potenzialità e contestualmente gli elementi di criticità. Permette inoltre di individuare quale sia il ruolo migliore per ognuno. L’AutAcademy posso confermare che è operativa: di recente ha avviato un nuovo corso e a settembre/ottobre arriveranno altri sette ragazzi formati e pronti per lavorare».

Quali sono i prossimi piani di sviluppo di PizzAut per l’Italia e l’estero?

«Per i prossimi anni, ci “espanderemo su strada” con i Pizza Autobus, a cui accennavo poc’anzi. Attualmente ne abbiamo già due funzionanti, che hanno lavorato in molte occasioni speciali, come ad esempio il Gran Premio di Formula Uno, all’interno del parco di Monza. Intendiamo, quindi, incrementarne il numero in modo considerevole. Ci siamo resi conto che duplicare i ristoranti è piuttosto complesso, in termini logistico-organizzativi, mentre è molto più semplice moltiplicare i truck food. Grazie alla preziosa collaborazione di PWC, un’importante azienda di

consulenza multinazionale, abbiamo stilato un piano d’impresa per costruire un franchising di truck food. L’obiettivo è arrivare ad averne 15 in tutta la Lombardia. Tenuto conto che su ogni autobus possono lavorare 4/5 ragazzi, creeremo altri 75 posti di lavoro. Dopo la Lombardia, intendiamo coprire tutte le province italiane, per un totale di 107 truck food e oltre 500 posti di lavoro. In ogni città, saremo sempre noi a selezionare le realtà che potranno prendere in gestione il singolo bus.

Ci occuperemo sia della formazione sia dei “gestori”, che dei ragazzi autistici. Ci sarà anche un’unica centrale di acquisto prodotti e materiali, in modo tale che ci sia uniformità su tutto il territorio italiano. I truck food hanno enormi potenzialità: oltre ad andare nelle aziende a preparare pizze per varie tipologie di evento, possono anche recarsi nelle scuole per fare attività di sensibilizzazione con gli studenti, nell’ambito di incontri di educazione civica».

Quando l’inclusione lavorativa di persone con disabilità cesserà di essere un obbligo o una “multa da pagare” e verrà intesa come quella differenza che arricchisce il capitale umano di un’impresa?

«Io credo che questa cosa potrà succedere soltanto quando riusciremo ad abbattere una serie di pregiudizi e a vedere l’individuo che ha delle caratteristiche diverse dalla generalità delle persone, come una risorsa e non come un limite.

Una persona autistica, ad esempio, all’interno di uno staff può trasformare i suoi limiti in una risorsa per tutti, ha solo bisogno di comunicazioni chiare e precise. Certo, molto spesso capita che i gruppi di lavoro siano costretti a riorganizzare in toto la propria comunicazione, ma in fondo è un cambiamento che porta benefici a tutti i lavoratori del team.

In questo contesto ci sono dati che mi inquietano: ogni anno, la Lombardia incassa 80 milioni di euro di multe da parte di aziende che non assolvono all’obbligo assunzionale di persone disabili. Immagina quante cose si possono fare con quegli 80 milioni, ma soprattutto a quante persone equivalgono. Persone che, oltre l’obbligo, potrebbero portare valore aggiunto a un’azienda pronta ad accoglierle. PizzAut ne è la dimostrazione: mangiare la pizza da noi non gratifica soltanto il palato, ma regala un’esperienza umana e creativa unica».

Quali sono, secondo la tua esperienza, gli interventi prioritari che dovrebbero essere attuati al mercato del lavoro italiano, perché possa dirsi realmente inclusivo?

«Due anni fa, abbiamo fatto una proposta di legge che poi si è arenata in Parlamento: prevedeva di parificare le start up innovative sociali, come PizzAut, alle start up innovative tecnologiche, che attualmente beneficiano, ad esempio, della defiscalizzazione per cinque anni se investono le loro risorse o fanno ricerca. Mentre realtà come la nostra, al momento, non godono di alcuna agevolazione.

C’è stato un parere favorevole del MEF, un parere favorevole dell’Inps, sono stati già persino realizzati i decreti attuativi, eppure la legge è inspiegabilmente ferma. A ciò aggiungerei che per occuparsi bene di lavoro e renderlo realmente inclusivo, bisognerebbe prima di tutto occuparsi bene di scuola. È indispensabile partire dagli insegnanti di sostegno, che dovrebbero esserci per tutti i ragazzi che ne hanno bisogno e fin da inizio anno. E naturalmente dovrebbero essere preparati e formati per le disabilità con le quali si devono interfacciare».

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Immagine di Beatrice Elerdini
Beatrice Elerdini

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